Parla Augusto Martelli, forse il più celebre tra i creatori italiani di "muzak"
"Siamo musicisti da Oscar e non da serie B"
Augusto Martelli è forse l'esponente più celebre della "muzak" italiana. Artista celebre negli anni Settanta (sia per la sua musica, sopratutto lo straordinario hit di Il dio serpente; sia per la sua vita privata, con Mina), oggi non è più sotto i riflettori ma continua a lavorare e a produrre musica. Sono infinite le sigle televisive che conosciamo a memoria e che Martelli ha scritto, e altrettante le musiche di sottofondo, di commento, le colonne sonore, che il musicista ha realizzato e realizza. E delle quali va fiero. "Come lavoro? Come tutti quelli che fanno un lavoro su commissione e che non hanno bisogno del momento di ispirazione, se sanno fare il loro mestiere. Il musicista vero deve saper fare tutto, muoversi rapidamente anche in condizioni difficili. E invece oggi sembra che chiunque prenda una chitarra in mano possa dire di essere musicista, vengono chiamati "maestri" dei perfetti analfabeti e sono in troppi quelli che rubano il lavoro ai musicisti veri".
La musica di sottofondo o le sigle delle trasmissioni, insomma, richiedono una grande attenzione.
"Certo, come qualsiasi altra cosa debba essere fatta bene. 5o scrivo sempre dei pazzi pensando che possano diventare dei successi e piacere alla gente. Ad esempio la sigla di Serie A, il programma televisivo che è stato di Bonolis prima e di Mentana dopo, era parte di una ventina di brani di sottofondo che io avevo composto per la "library" di Canale 5. Guardando la tv ho visto che lo avevano scelto coem sigla e ne sono stato molto contento".
Il suo lavoro viene spesso considerato di "serie B".
"E chi lo fa si sbaglia di grosso. Ma è così solo in Italia, perché all'estero chi lavora come me ottiene grandi riconoscimenti. Giusto pochi giorni fa mi hanno telefonato chiedendomi di realizzare la canzone ufficiale di Barbie in tutto il mondo, e io ho accettato con entusiasmo. La canterà Elisabetta Viviani".
Lavorare su commissione non le pone molte limitazioni?
"Si, ma è una sfida, è stupendo. Le faccio un esempio di cui vado fiero: nel 1971 venne da me la commissione interna della Scala di Milano perché bisognava fare dodici pezzi per Sinatra e la Barton Music (un editore specializzato in musiche di commento per cinema e tv, che all'epoca forniva brani al grande cantante americano, ndr). Scelsero me, c'era pochissimo tempo. Realizzai dodici pezzi in due giorni, a Milano con l'Orchestra della Scala, feci tutti gli arrangiamenti, andò benissimo. Adesso quelli che vanno a Sanremo si mettono in dodici autori e ci mettono un anno per scrivere una sola canzone".
Rimpianti?
"Davvero nessuno. Le voglie me le sono levate, mi manca solo l'Oscar. Adesso aspetto di incontrare il sindaco Moratti per aprire a Milano una scuola di perfezionamento per ragazzi che escono dal Conservatorio. Insomma non sto mai fermo. Ho un'orchestra che è la fine del mondo, con dei bravissimi musicisti che insieme a me sanno passare dal classico jazz, al pop. Un bravo cuoco deve essere così, anche se gli ordinano delle uova al tegamino le fa nella maniera migliore".
(Ernesto Assante)
(da La Repubblica, 2 luglio 2006)
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