Ognuno ha una ricetta particolare, ognuno una strada da percorrere, in mezzo a tutte le solite retoriche di rito che questi discorsi si portano dietro. A volte, è vero, gli amici servono, le risate aiutano, la compagnia ti regge in piedi, ma altre volte il rifugio nella propria soolitudine protegge da discorsi a vuoto, da discorsi fatti giocoforza in malo modo, da rabbia altrimenti spendibile con gente che potrebbe davvero non meritarselo. La cosa giusta da fare, da pensare probabilmente non c'è, più o meno ai livelli del mai, e la possibilità che si possa davvero scrollarsi di dosso una situazione di difficoltà interiore (subito, almeno) ondeggia felice fra lo zero assoluto e l'impossibile.
Mettere alla porta un problema, una rottura di scatole, una semplice ubriacatura del pensiero è rara merce, anche perchè i dolori si sovrappongono spesso agli imprevisti della mente, e si ripresentano quando non si è pronti a reggereli e affrontarli. A dovere.
In tanti consigliano di "non mollare", di "andare avanti", o cose così, quando si è giù o si subiscono i torti delle conseguenze di un qualsivoglia dolore. Bah, secondo me sono il più delle volte delle cazzate travestite da saggezza (di cui anche io abuso con gli altri, mica dico di no, gente); questi sermoni appaiono un po' delle testimonianze di buona volontà d'accento neodemocristiano, che nascondono rabbia di impotenza più che deficienza spicciola di circostanza.
Quel che deve succedere al destino delle persone, senza fatalismo, succederà; il tempo, più che <<un gran dottore>>, come diceva in antitesi la Bertè, è colui che dà ragione. E non per i particolarsimi strutturali del destino stesso, quanto perchè la mente riesce a riprogettarsi, a vivere di nuovo, a rigenerarsi altrove, se non anche a migliorarsi.
L'andarsene per un po', a evitare troppi sguardi per lo più, è personalmente quello che più mi si addice, evitando di dare troppe spiegazioni a chicchessia, proprio perchè esse sarebbero insufficienti anche per me, magari. Sebbene, vero anche questo, altre volte possa buttarmi maggiormente in quello che faccio sempre, ossia giocare a calcio, correre per le valli e per i boschi che ho d'intorno per gli allenamenti, leggere avidamente i vecchi numeri de "Il Vernacoliere". Le delusioni, i problemi, la fuga nell'interiorità, sono tutti aspetti della persona che richiedono alla individualità di ridefinirsi, di riappropriarsi di ciò che più si è. Perchè è di ciò che più si è che si ha bisogno. O almeno è così che la vedo io. Di ciò che più si è.
MARCO
_________________ <<Senti ragazzo: nella tua stanza, tra i manifesti degli eroi, lasciagli un posto perchè tu, da grande, di lui ti ricorderai...>> - Superobots, "Ken Falco"
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