Tarrasque ha scritto:
Mah,buona parte della questione portata avanti dal topic d'apertura proprio non mi convince.
Mi sembra molto come la chiamano gli americani una "self-fullilling prophecy". In sostanza mi dà l'idea che più che costruire una tesi per dimostrare un'ipotesi, ci cerchi di mettere in piedi una ipotesi che giustifichi una tesi.
In particolare frasi come:
Cita:
É proprio il contrario. La nostra generazione è incapace di educare i propri figli "nonostante" abbia avuto i cartoni giapponesi. Senza di essi, sarebbe stata molto peggio.
Sono assolutamente tutte da dimostrare. In base a cosa dici questo? E' tutta dietrologia.
Poi leggo che "a casa mia non si leggevano fumetti". E quindi? Casa tua deve essee per forza l'emblema di TUTTE le case degli italiani? A casa mia quando ero piccolo i fumetti c'erano, e io sono cresciuto leggendo le storie di Topolino di Gottfredson degli anni '30/'40 e quelle di Paperino di Barks degli anni '40/'50 (ed ugualmente, la mia casa non era rappresentativa di TUTTE le case degli italiani).
E i valori e gli ideali in queste storie c'erano eccome.
Ovviamente sono il primo a riconoscere l'importanza che cartoni soprattutto quelli giapponesi hanno avuto sulla mia crescita culturale e morale, e di conseguenza su buona parte degli appartenenti alla mia generazione. Però da lì a ritenerci una sorta di "classe fortunata" bisogna stare un po' attenti. La fine che si fa di solito è ridursi a discorsi come quelli che ha sempre fatto mio padre, del tipo "eh, ma vuoi mettere i cartoni animati di quando ero piccolo io", oppure "sì, ma i film della Disney erano un'altra cosa, altro che 'sta roba giapponese". E così via...
Aspetta un momento. Ma proprio questo voglio dire. Quelli che dicevano "i cartoni di quanto ero piccolo io erano diversi" dicevano, ovviamente, una cosa vera.
La differenza è evidente. Non sono la stessa cosa.
Su cosa sia peggio o su cosa sia meglio, dipende da quello che si ricerca.
Ma è di questo che voglio discutere.
Perciò ho fatto l'esempio di Topolino (la mia famiglia era solo un banale esempio per dire che la cultura fumettistica ai tempi dei "nonni" "genitori" era allora meno penetrante di quella odierna, ed erano probabilmente i libri di avventura per ragazzi che svolgevano la stessa funzione. Oggi è raro trovare un bambino che non abbia mai letto fumetti).
Io sono sempre stato legato emotivamente molto (non come te, ma ero sulla buona strada

) alle storie di Topolino.
Quando ero alle scuole elementari, ad esempio, mi capitava talvolta di sapere qualcosa che ancora non si era studiato, e, con grande stupore della maestra (che non ci voleva credere, e ancora non capisco perché), alla domanda "bravo! dove lo hai imparato", rispondevo: "sul topolino". E potevo citare anche la storia, volendo.
Ora però, nonostante ciò: Topolino e Paperino mi erano simpatici, ma non sognavo certo di "essere Topolino". Stimavo molto l'Uomo ragno, ma non mi capitava di ispirarmi alla sua vita per capire i problemi della mia.
Ed invece partecipavo dei dubbi del prof. Kabuto, se lasciare Mazinga a quelli di Mikene e far rischiare l'umanità o non consegnarlo e sacrificare l'ostaggio.
Oppure alla decisione tragica o eroica di Musashi di sacrificarsi con il suo velivolo per salvare tutti gli altri (tra l'altro, la storia devo averla capita dal film montaggio, perché la fine di Space Robot in Italia non è mai arrivata).
O al dramma del ribelle della 3a puntata del Gaiking (che mi fece ovviamente orrore e non vidi il Gaiking per un bel po' per questo motivo) che, vista la morte della figlia in un sistema totalitario e militarista, non ha altra soluzione che provare a sfuggire al suo destino, senza riuscirci.
E taccio delle scelte dell'Uomo Tigre e dei suoi amici e nemici.
Insomma, capivo - e soffrivo - non solamente del fatto che il mio eroe preferito se ne andava, ma del fatto che esiste la morte, e che questa, anche quando è ingiusta o addirittura insensata, c'è, e va affrontata. Addirittura nelle storie più soft, come Il fantastico mondo di Gigi questo è spiegato (la protagnista muore a metà della serie, per poi tornare sulla terra!).
Ora, non mi sembra il caso di fare relativismo. Tutte queste cose le generazioni passate le hanno lette su libri di epica o di avventura, quelli che sapevano leggere. Quelli che non sapevano leggere attraverso il patrimonio delle favole. Tutte queste cose, non edulcorate, come avviene oggi, avevano lo scopo preciso di formare e di preparare alla vita.
Dici che la mia è dietrologia o una tesi costruita su un ipotesi. Io però ho fatto numerosi esempi, ora, e prima. Ho esposto tre elementi, che a mio parere fanno la differenza. Ci sono o non ci sono?
p.s.: quanto al vuoto di valori etc. è tutto un'altro discorso, che vale per tutte le epoche e non preclude la possibilità, per chi li ha appresi da opere letterarie o da insegnamenti morali, di trasmetterli, se ne è capace...