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MessaggioInviato: lun 24 ott 2011, 6:56 
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Fa.Gian e Enciclopedia (ciao, da quanto tempo!):

Non credo che le vostre stringate risposte, non prive di un certo tono di sprezzante provocazione, siano realmente costruttive in un dialogo che pure vi ha visto autori di saccente dileggio. Non credo neppure che vi facciano onore a seguito di una risposta, la mia, educata e articolata. Ma forse "sapete tutto voi" e non avete ragione né di spiegarvi né di chiedere, vero?


Pigo:

Credo che tu abbia inteso in maniera corretta il mio discorso, e ti ringrazio per l'attenzione: naturalmente il testo originale viene tradotto e adattato. Il risultato non è una traduzione letterale -ho fatto un esempio mai potrei farne anche altri, se fosse cosa gradita- ma in un certo qualmodo è vero che nel fruire un'opera straniera è corretto che il pubblico abbia a 'sforzarsi' un poco, sicuramente di più che nel fruire un'opera nazionale. Del resto, è proprio nell'incontro con il diverso l'occassione dell'arricchimento culturale. Se l'adattamento fosse chiamato a livellare il contenuto diffuso di ogni opera straniera, così snaturandola, questa occasione sarebbe tristemente nullificata.

Quanto al discorso bambini: sono particolarmente attento a questo tema, poiché mi interesso di psicologia soprattutto infantile, e di linguistica. Il bambino non 'apprende', ma 'assume' dalla realtà che vede. Il bambino non si approccia a un'opera come un adulto, ovvero criticandola nel paragonarla al proprio canone interiore, poiché quel canone non è ancora sedimentato, ma in via di formazione. Proprio per questo, presentare una lingua italiana ricca dal punto di vista dell'uso del dizionario e delle costruzioni morfosintattiche è al contrario cruciale. Non solo questo: anche le culture e i modi stranieri vengono naturalmente 'digeriti' da un bambino laddove è invece all'adulto che possono risultare più astrusi. Per intenderci: se in Ponyo sentiamo Sosuke essere chiamato indifferentemente 'Sosuke', 'Sosukechan' e 'Sochan', mentre un adulto dice "eh, ma non ha senso!", un bambino assume il fatto, lo capisce, e se il film gli è piaciuto il giorno dopo chiama il suo amico Nicola come Nicolachan o Nicochan. Esattamente come tutti noi abbiamo imparato dalla finzione americana a fare i diminutivi nei 'trocamenti e Y', cosa che NON è italiana, nessuno ci ha mai spiegato, ma abbiamo naturalmente acquisito da ciò che ci veniva propinato.

Dancasti:

Posto che ora so che sai postare un'immagine, posso solo aggiungere che sì, conosco il Dizionario Garzanti che possiedo in forma cartacea, e utilizzo affianco al Treccani, al Devoto-Oli e al Sabatini Coletti. Proprio utilizzando un dizionario, il verbo 'scaturire' è riportato e il suo significato risulta chiaro e calzante nella frase in cui è stato usato per rendere l'analogo significato presente nelll'originale giapponese. Non sono solito utilizzare un italiano scorretto o sgrammaticato. Diversa questione è quella della -diciamo- 'ricercatezza semantica', ma quella non viene certo sancita da un dizionario, che non è un thesaurus.


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MessaggioInviato: lun 24 ott 2011, 7:31 
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Iscritto il: dom 23 ott 2011, 18:02
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Richard ha scritto:
Shito ha scritto:
Salve a tutti,

Il compito di un bravo adattatore non è solo quello di adattare in una lingua straniera la parte letterale di un testo, ma anche e soprattutto quello di comprendere e recepire l'intento dell'opera e dell'autore per poterlo trasmettere in maniera esatta.


Non credo che abbia senso parlare di 'parte letterale' di un testo. Piuttosto diremo che in ogni testo espresso in qualsiasi lingua esiste una 'forma morfosintattica' e un 'contenuto semantico'. Ovvero, forma e contenuto. Come ho dimostrato nell'esempio pratico, è sempre il contenuto che viene reso nelle forme morfosintattiche della propria lingua, analizzando il contenuto originale nonché le forme originali in cui era espresso, e il loro significato.

Cita:
Questo significa che in una scala piramidale la traduzione in quanto tale e l'attinenza al testo originale si collocano uno o più gradini sotto la trasposizione dell'intenzione.
Se un autore intende trasmettere l'idea di "andare al mare" con un verbo che trova il suo corrispettivo in italiano, ma in italiano tale verbo è inusuale allora io, da bravo adattatore, ho il compito di trovare quel verbo che nella lingua risultante abbia semanticamente lo stesso ruolo, nonostante dal punto di vista linguistico o etimologico sia più corretta la prima opzione.


Credo che, soprattutto nella prima frase, sia espresso un punto assurdo se non folle. I processi alle intenzioni sono presuntivi. Di obiettivo c'è il testo, e a quello, conoscendo la lingua, bisogna attenersi. L'interpretazione del testo altrui non è libera, poiché al testo altrui bisogna atteneresi. Dopo la prima frase, trovo invece espresso il canone di una traduzione corretta salvo l'errato uso del conceto di 'uso' ovvero del canone di 'usuale/inusuale'. Chi lo stabilisce? Mentre cosa sia corretto in italiano può essere stabilito in maniera (relativamente) chiara e obiettiva, ciò che è usuale è per lo più presunto dalla presunzione del singolo: ciascuno pensa di conoscere "l'italiano normale", ma non è mai così, e nessun testo lo sancisce. Indi per cui, usare un ittaliano corretto e precisamente fedele all'originale p obiettivamente possibile e giudicabile, usare un 'italiano usuale' no. Usale per chi? La linguistica fatica già a rilevare quello che si chiama "italiano standard" (ed è l'italiano letterario) e "italiano sub-standard", che vorrebbe esserre l'italiano nazionale, per poi perdersi in variazini diatopiche, diastratiche, diacroniche, senza arrivare ai regionalismi...

Cita:
Proprio per questo motivo nella frase "mi è scaturito il coraggio di vivere" l'adattamento in italiano non è assolutamente corretto.
Si presume che un bambino dodicenne, istruito ed educato che legge la Comedia sappia utilizzare pienamente ed in maniera corretta la sua lingua. Un bambino di tali caratteristiche non pronuncia frasi inusitate, al massimo può creare eleganti sinestesie, una metalessi (che in questo caso, per una trasposizione più ardita, sarebbe stata perfetta) o, perché no, anche zeugmi, ma non parla a sproposito. Questo vuol dire che evidentemente in giapponese la proposizione 湧いてきた si addice al linguaggio pulito di un signorino.


Ed eccoci: tu trovi la frase inusitata, io no. E nessuna delle due cose ha nulla di assoluto, dato che siamo semplicemente due persone diverse. Ciò che è invece assoluto, poiché obiettivo, è che:

1) la frase è espressa in italiano *corrett*. Non esiste un giudizo di correttezza linguistica che si basi sul personale percepito di uso semantico. La frase è grammaticamente, sintatticamente, morfologicamente corretta in italiano. Indi è italiano corretto.

2) la frase rende precisamente il significato della frase giapponese originale.

Il tuo giudizio di "adattamento scorretto", come si vede, si basa unicamente sull'idea che A TE la frase "suoni strana". Ma non vi è nulla di obiettivo in questo. E' un giudizio personale. In questa logica, per te l'adattamento corretto è quello che "suona bene A TE", ovvero "suona naturale A TE", ovvero "suona usuale A TE". Ma tu non sei l'italiano, e neppure l'italiano zero. Non puoi fondare un giudizio di correttezza sul tuo personale senso di 'usualità', riconducendo l'assoluto oggettivo al tuo personale soggettivo: è un processo surrezio del tutto insensato nella sua presunzione.

Cita:
La traduzione più o meno letterale in italiano di questa frase risulta totalmente artificiosa e si confà ad un ragazzino scemo che non sa parlare o, ancor peggio, ad un ragazzetto di borgata che cerca a fatica di costruire un discorso di medio livello collegando tra loro parole a caso, magari ricercate se decontestualizzate, ma sempre a caso. Questa frase in italiano non si addice ad un ragazzino colto, casomai alla sua parodia.


Non credo che un ragazzino di borgata, con tutto il rispetto per la borgata, utilizzi un lessico che tu stesso giudichi troppo ricercato. Trovo il tuo discorso totalmente contraddittorio. In ogni caso, anche in questo caso proponi giudici di valore espressi secondo un metro del tutto personale e soggettivo. Le parole di quella frase sono corrette sul piano sintagmatico e paradigmatico, indi non possono essere frutto di un 'esprimersi faticoso', no. Altrimenti la frase sarebbe sgrammaticata, cosa che obiettivamente non è.

Cita:
Il tuo compito era forse quello di parodiare l'autore? No, dovevi adattarne l'intento.


No. Devo adattarne il testo, la lingua, non l'intento. Dato che non posso fare processi alle intenzioni di un'altra persona. Io potrei 'intendere' l'intento dell'autore e un'altra persona potrebbe intenderlo in altro modo. Questa è interpretazione, e sta semmai a ciascuno, a ogni singolo spettatore, non a chi è -come me-è chiamato a rendere in una lingua il testo di un ALTRO autore.

Cita:
E se il suo intento era quello di far uscire dalla bocca di Shō una frase pulita che esprimesse non il ritorno, ma la comparsa del coraggio di vivere potevi usare un verbo importante che in italiano e in questo contesto sarebbe stato il sinonimo più corretto di "spuntare" e "scaturire", benché etimologicamente diverso: nascere.
Questo verbo, in un costrutto più ricercato (ad esempio "Dentro di me è nato..."), avrebbe mantenuto la peculiarità del linguaggio pulito di Shō pur esprimendo il concetto originario, senza farlo risultare artificioso.


Con quale presunzione si può dire con certezza quale fosse l'intetento di un autore? Se l'autore avesse voluto far dire a Shou "dentro di me è nato" gli avrevvefatto dire "Boku no naka de ***** umareta". Si può dire, in giapponese. Ma l'autore non gli ha fatto dire questo. Gli ha fatto dire altro. Gli ha fatto dire quello che io ho fatto dire in italiano a Shou. Se a te *non piace*, lamentati con l'autore: ma Shou dice quello, non dice altro. E' un fatto, non una mia opinione.


Cita:
Per quanto a volte troppo arditi, gli adattatori scelti da Valeri Manera durante la sua gestione, non avrebbero commesso errori del genere, in quanto adattatori. Che poi fossero manovrati da esigenze di rete questo è un altro discorso, che non ha niente a che fare con la loro qualifica.


Se per te "adattate" il testo altrui significa "modificarlo deliberatamente nel suo contenuto allo scopo di renderlo più comune, piacevole e usuale alle orecchie mie e presuntivamente del mio pubblico", allora credo che tu abbia una idea malsana dell'adattamento, che diviene della tua concezione una illecita 'reinvenzione' del testo altrui, lesiva dell'originalità di un opera che NON appartiene all'adattatore, ma all'autore.

Cita:
Inoltre bisogna distinguere tra opere e opere. Quando nell'intento dell'autore è irrilevante l'origine di un personaggio (ma la fa solo per esigenza, come la nazionalità giapponese dei protagonisti), non ha alcun senso (anzi è altamente deleterio) sfruttare un prodotto per riportare lo spaccato di una società o il suo modo di esprimersi. Questo è esattamente quello che fai, utilizzi questi prodotti per ostentare un'ideologia, in questo caso quella nipponica, o una fazione, in questo caso quella filonipponica. Ma ciò non ha alcun senso se il prodotto NON lo richiede.
Questo significa che non si può e non si devono affiancare opere come "Ponyo" o "Arrietty" a opere come, ad esempio, "Haikara-san ga tōru" (Mademoiselle Anne).


Nulla in un'opera può dirsi irrilevante. Con quale presunzione tu ti arroghi il diritto di giudicare cosa sia nell'intento di un'ALTRA persona (l'autore) rilevante o meno? Tutto il tuo discorso mi pare permeato di un egocentrismo spaventoso: TU sai cosa sia rilevante o meno nella mente di un ALTRO autore? Nella SUA opera? Nel SUO intento? Sai tutto tu di quello che ha fatto un altro, e in base a questo tutto giudichi, cosa cambiare, quando, come perché?

Ma non è semplice, corretto, doverso semplicemente attenersi con umiltà e fedeletà a ciò che quell'autore oggettivamente ha scritto e detto, e sforzarsi quel tanto che basta per capirlo quando viene tradotto correttamente nella propria lingua?


Cita:
Non puoi venire a dire quindi che per tradurre i discorsi in Arrietty hai tenuto principalmente conto della nazionalità dei protagonisti, perché in tal caso avresti commesso un grave errore. Non era necessario, era superfluo. Fossero stati cambogiani, non sarebbe cambiato nulla.


Chi lo decide? Tu? E siccome l'hai deciso tu è così?

Sì, i personaggi di Arrietty sono giapponesi e sono stati concepiti ed espressi da una mente giapponese: quella del loro autore. Questo, vedi, non lo decido io: è un fatto. Che che questo fatto sia significativo non lo dico né decido io, infatti io non l'ho ENFATIZZATO. Ma parimenti non decido che sia insignificante, e così certo non l'ho ANNULLATO. Semplicemente, se i personaggi di Arrietty *tradotti in italiano* non parlano come I Cesaroni, o come un 'comune italiano', è semplicemente perché, che a te piaccia o no, NON SONO italiani. Anche traducendo in italiano ciò che dicono, italiani non sono. Non è che per il tuo personale gusto e sollazzo si debba cambiare ciò che i personaggi SONO, o quello che esprimono, no.

Cita:
In questo caso, è chiaro.


Spero che il mio discorso, nell'evidenziare la fondamentale differenza di visioni che ci separa, abbia reso chiaro a te e a tutti gli altri lettori la differenza fondamentale che c'è nel rispettare un'opera per quella che è, disponendosi con genuina umiltà a fruirla e capirla nel suo contenuto reale, e volerla stravolegere a proprio uso e consumo, un una crassa presunzione consumistica di comodo che non ha alcuna considerazione e rispetto per l'origine contenuto espresso dall'autore.


Cita:
Questo è il motivo per cui autrici come le CLAMP hanno preteso che le edizioni europee di Rayearth traducessero i nomi delle protagoniste con un nome etimologicamente comprensibile dalla cultura europea. Questo perché volevano trasmettere qualcosa sin dal nome e il loro intento era trasmettere quel qualcosa, non l'origine nipponica di talune parole.
E quando qualcuno ha provato a lasciare i nomi originali (si vedano gli OAV), le CLAMP hanno subito fatto fare retromarcia correggendo nuovamente Hikaru, Umi e Fū in Luce, Marina ed Anemone (si veda il ridoppiaggio della serie).


Non ho parlato personalmente con le CLAMP in merito al caso che citi. Non so se il caso che citi, e che pure conosco, sia stato realmente trattato dalle autrici, o dai referenti di produzione, o ancora da altri. Se incontrerò Apapa Mokona glielo chiederò.

Nel caso dei film Ghibli che adatto, fortunatamente ho possibilità di parlare direttamente con il personale dello Studio, indi ti pregherei di non venire a spiegarmi cose simili. Dato non solo proprio io sono nella possibilità di farlo, ma lo faccio realmente. Per esempio, nel caso di Arrietty, tutte le scelte di traduzione di termini quali 'Borrowers', malamente resi nelle precedenti traduzioni italiane di libri e film, sono state ampiamente discusse. E pure sono state discusse le rese dei termini dei personaggi, anch'essi adattati malamente, e pressoché a caso, nei libri italiani.

In Arrietty, dico il film Ghibli, è intesa permeare una diffusa marca anglista. I libri originali sono inglesi, il giardino di Shou è in giardino all'inglese, l'hobby delle doll houses è di marca inglese, l'eccentrico bisononno di Shou (il papà di Sadako che lei nostalgicamente ricorda) era un gentiluomo giapponese fine secolo un po a là Natsume Souseki, che studiò in inghileterra e insegnava letteratura inglese, l'autrice della colonna sonora originale di Arrietty è una arpista bretone che canta in inglese, tutti brani vocali di Arriety sono cantati in inglese salvo il tema finale che ha in inglese la prima riga, e poi diventa giapponese (e quindi, correttamente, fedelmente e PER QUESTA PRECISA RAGIONE, così è nella sua traduzione italiana).

Nelle cose c'è un senso, un senso che va ricercato, compreso, rispettato e NON presuntuosamente etichettato come 'significativo' o 'insignificante' a proprio gusto.


Cita:
Prima di adattare bisogna quindi sempre distinguere qual è la priorità dell'autore: se raccontare una storia, se trasmettere una cultura o se fare entrambe le cose.


Qui ancora una volta tu presumi di sapere cosa pensi un'altra persona.

Cita:
Ho quasi paura che se fossi stato tu a tradurre i dialoghi in italiano di una serie come "Versailles no bara" saresti stato persino capace di far parlare in più occasioni Oscar con frasi astruse solo perché i costrutti dei dialoghi originali nipponici erano così... da francese che era, saresti stato capace di farla diventare giapponese.


Sono felice che tu abbia scelto questo esempio, perché conosco personalmente la signora Ikeda Riyoko e ho parlato con lei più volte, anche della sua opera. Davvero Versailles no Bara è un'opera d'avanguardia settantina giapponese, dove al di là di tutto alla fine la protagonista si riscopre innamorata dell'amico d'infanzia, e si vergona della sbandata per il belloccio di turno. Sicuramente Ikeda-sensei ha messo in Versailles no Bara una certa ricerca storica, questo è obiettivo. Infatti, sappiamo persino quale particolare biografia di Marie Antoinette sia alla base del suo manga. Sicuramente adattando fedelmente Versailles no Bara i personaggi non risulterebbero giapponesi, ma allo stesso modo si noterebbe come quella sia "la storia della Fracia vista da una donna giapponese", così come l'Italia di Aida Yuu ritratta in Gunslinger Girl non è l'italia neorealista di Pasolini, ma quella fantasizzata a distanza da un'autore giapponese.

Semplicemente, manco a dirlo, ogni opera è quella che è, e come tale va apprezzata.

Cita:
Detto questo confido che prima o poi almeno opere come Totoro e Arrietty vengano adattate in italiano, perché nella maniera attuale non sono del tutto piacevoli da ascoltare.


Vedi, forse qui tutto si spiega: tu cerchi la tua personale piacevolezza. Ma l'opera altrui non nasce "per piacere a te". La tua è un'istanza del tutto egoistica, crassa. Un'opera altrui è quella che è. Se la guardi, cosa che non è obbligatoria, ma è una cosa che tu SCEGLI di fare, cerca di capirla. Quando l'avrai capita, decidi se l'apprezzi o meno.

Io non devo 'far piacere' le opere che adatto al pubblico italiano. Io devo presentarle al pubblico italiano per quello che sono. A chi piaceranno, saranno piaciute per quel che erano. A chi non piaceranno, non saranno piaciute per quel che erano. Questo è onesto. Non è obbligatorio che qualcosa piaccia a tutti, e non devo io far sì che gli piaccia.

L'importante è che il legittimissimo giudizio di ciascuno sia basato sulla VERITA' dell'opera, e il mio compito è appunto presentare le opere che adatto nella loro veritiera e onesta realtà

Cita:
E meno male che le canzoni di Kiki, essendo americane, sono state tradotte da Ermavilo, non oso pensare altrimenti a quali assurde apocopi sarei stato costretto ad assistere...


Tristemente, ma forse non lo sai e non te ne curi, l'attuale edizione italiana di Kiki è stata pubblicata con tutta la colonna sonora rimontata dai distributori americani. Che no, NON sono gli autori di Kiki. Come te, quelle persone hanno trovato che la colonna sonora di Kiki fosse "inadatta" al loro pubblico, e l'hanno cambiata. Hanno trovato che il film non fosse abbastanza divertente, e hanno aggiunto dialoghi inventati ovunque.

Nel confezionare l'edizione italiana, ho potuto ritornare al testo giapponese, ma purtroppo non ho avuto la possibilità di ripristinare la colonna sonora originale. E' una cosa per cui ho sofferto molto.

Dalla radio di Kiki veniva fuori una canzone anni settantata, un boogie. Così aveva deciso di Miyazaki. Il brutto è che per colpa di altre persone tu non l'abbia potuto sapere, e tu non abbia potuto giudicare se la cosa ti piacesse o meno. Non importa se poi ti sarebbe piaciuta o meno: importache Miyazaki, nella SUA opera, ha fatto così. E tu questo avresti dovuto giudicare, non l'inganno di altre persone che Miyazaki non erano.


Ultima modifica di Shito il lun 24 ott 2011, 7:52, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: lun 24 ott 2011, 7:36 
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Più che "dileggio" è "constatazione di fatto"

De Leonardis era un tipo con due palle quadrate grosse così, e non aveva bisogno di spiegare perchè "Werewolf" lo ha tradotto come "Lupu Ululì".

E il fatto che i film ADATTATI (e non "tradotti") da lui, siano un successo ancora oggi dimostrano che lui effettivamente non aveva bisogno di giustificarsi, nè di essere sempre al centro della scena perchè per lui parlavano i fatti (e gli incassi al bottreghino)

Come in questo caso, seppur con risultati diametralmente opposti.

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Per quanto mi riguarda la mia risposta "stringata" dice in due righe (tra le poche cose che so fare
c'è la capacità della sintesi) perchè nasce tutto questo "problema" (o flame) ecc. ecc.
Non mi puoi dire che non è così- ma... tranquillo non farlo.

Inoltre la risposta è stringata per due ragioni.
So chi sei e so come la pensi (localizzazione, ecc.), così come tu che sai chi sono e come la penso.
(immediatezza del messaggio, target originale, blah blah blah)
Abbiamo già discusso delle stesse cose in passato, perchè ricominciare a dire le stesse? E qui?
Se avessi voluto ricominciare questo (inutile) teatrino di frasi sarei venuto nel tempio del forum Ghibli e l'avrei fatto.
Semplicemente ho visto il film dopo aver evitato accuratamente tutti i tuoi "adattamenti" finora
e come al solito c'era decisamente qualcosa che non va. Se una sala cinematografica intera ad un certo punto del film si è guardata storta e non ha capito che cosa hanno detto ci sarà una ragione.

...e purtroppo non ho il dono di "sapere tutto", come dici, ma lo sonderò approfonditamente.

(E sai benissimo che chiudo sempre le mie lettere/frasi ecc. con qualche battuta; una preghiera, cerca di aumentare il "sense of humor" perchè ho il terrore che prima o poi ti affideranno gli "Yamada" e il film rischierà di non far più ridere, perchè le frasi saranno matematicamente perfette, e matematicamente rese).

PS. Per Richard: sai in che pasticcio ti sei messo, vero? :D (cit. Stanlio e Ollio)

_________________
Benedetto "Enciclopedia" Gemma
http://www.stanlioollio.blogspot.it


Ultima modifica di Enciclopedia il lun 24 ott 2011, 8:23, modificato 3 volte in totale.

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Fa.Gian:

non nasconderti dietro a un dito, ci sono cinque pagine prima di questa in cui ti dai al più puerile dileggio sul mio nickname. Non che io sia offeso, ma non fare finta di niente negando l'evidenza.

Non credo che "lupu ululì, castello ululà" sia un buona adattamento, dato che non rende il gioco di parole originale. In originale era "There wolves, there castle", giusto? Giocando con la quasi onomimia di "there wolves" (lì lupi) con e "werewolvers" (lupi mannari), giusto?

Credo che "lì-cantropi, là castello" sarebbe stato già meglio, per esempio. Almeno si sarebbe mantenuto un doppiosenso che nell'italianoè del tutto sparito.

Assumo che l'adattamento italiano ti sia *piaciuto*, ma non vi è nulla di obiettivo in ciò. Di obiettivo c'è che la battuta italiana è DIVERSA da quella originale: NON rende quello che era l'originale. E questo, no, non credo possa dirsi un bene.


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MessaggioInviato: lun 24 ott 2011, 8:23 
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Località: Busto Arsizio (Side3)
Shito ha scritto:
ora so che sai postare un'immagine

mi hai spiazzato: non m'aspettavo che fossi così perspicace da capirlo... g:shock:
    Cita:
    quel che gli umani faranno da qui innanzi, per sondarlo approfonditamente, non sarà troppo tardi!

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Shito ha scritto:

Non credo che "lupu ululì, castello ululà" sia un buona adattamento, dato che non rende il gioco di parole originale. In originale era "There wolves, there castle", giusto? Giocando con la quasi onomimia di "there wolves" (lì lupi) con e "werewolvers" (lupi mannari), giusto?

Credo che "lì-cantropi, là castello" sarebbe stato già meglio, per esempio. Almeno si sarebbe mantenuto un doppiosenso che nell'italianoè del tutto sparito.


A tuo modesto parere.
E poi la frase é "lupo ululà castello ululi'. Nella fattispecie il doppio senso mi sembra conservato. Ed é conservato l'aspetto divertente della scena proprio creato da questo gioco di parole. (il compito dell'adattatore é di adattare, e non tradurre pedestremente restando attaccati al dizionario). L'adattatore é prima di tutto un sociologo che deve conoscere bene sia la cultura e le tradizioni della lingua da tradurre che quella della lingua in cui tradurre. Troppe espressioni sono intraducibili da una lingua all'altra e per forza é necessario girarle in modo da rendere il discorso fluido e comprensibile, senza stravolgere il significato.
Nella fattispecie lo capiamo confrontando i due video di Frankestein Jr.:

Versione Italiana:
http://youtu.be/7Hz3IEQ1dVM
Versione Originale
http://youtu.be/gQQtgx4iG8E

E poi come la mettiamo con film come My Fair Lady. Come la traduciamo "The rain in spain is mainly in the plain"?


Aggiungo: vorrei vederti all'opera con i Monty Python, con Ridere per ridere di John Landis e con un qualsiasi film di Mel Brooks (Ruttolomeo per intenderci).
Poi pero' li mettiamo a confronto con la versione italiana attuale eh!

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Ringrazio Shito per essere intervenuto e aver dato il suo punto di vista, che è sempre una cosa interessante e giusta.

Purtroppo, lo stesso intervento non fa che confermare la mia opinione sulla faccenda, ed a questo punto non posso far altro che auspicare, ma temo che sia una speranza vana, che da qui a quando mia figlia avrà l'età per godersi i film dello Studio Ghibli questi siano passati in mano di qualcuno più competente che ne rifaccia l'adattamento.

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4/4/1978. Io c'ero.
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Enciclopedia ha scritto:
... perchè ho il terrore che prima o poi ti affideranno gli "Yamada" e il film rischierà di non far più ridere, perchè le frasi saranno matematicamente perfette, e matematicamente rese)...

Piuttosto la morte!!!
Quel film potrebbe surclassare "I Simpson", gli devono dare un ADATTAMENTO "con le palle", o non darglielo affatto, chè me lo terrei più volentieri subbato.

Anche perchè parla di una famiglia normale e media, vedendo il film mi ha ricordato molte cose che mi raccontavano i miei nonni della loro vita nel paese modenese da cui provenivano (e come se non bastasse, Takahata ha affermato che alla base della sua formazione ci sono addirittura i film di "Don Camillo"), quindi una famiglia operaia tipo "Cipputi" che parla come accademici della Crusca medioevali non è solo un tradimento dell'opera originale, ma addirittura uno stravolgimento voluto e criminale di un'opera altrimenti popolarissima (in senso di "diretta al popolo" non alle elite)

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Ultima modifica di Fa.Gian. il lun 24 ott 2011, 13:00, modificato 1 volta in totale.

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Shito ha scritto:
I processi alle intenzioni sono presuntivi. Di obiettivo c'è il testo, e a quello, conoscendo la lingua, bisogna attenersi. L'interpretazione del testo altrui non è libera, poiché al testo altrui bisogna atteneresi. Dopo la prima frase, trovo invece espresso il canone di una traduzione corretta salvo l'errato uso del conceto di 'uso' ovvero del canone di 'usuale/inusuale'. Chi lo stabilisce? Mentre cosa sia corretto in italiano può essere stabilito in maniera (relativamente) chiara e obiettiva, ciò che è usuale è per lo più presunto dalla presunzione del singolo: ciascuno pensa di conoscere "l'italiano normale", ma non è mai così, e nessun testo lo sancisce. Indi per cui, usare un ittaliano corretto e precisamente fedele all'originale p obiettivamente possibile e giudicabile, usare un 'italiano usuale' no. Usale per chi? La linguistica fatica già a rilevare quello che si chiama "italiano standard" (ed è l'italiano letterario) e "italiano sub-standard", che vorrebbe esserre l'italiano nazionale, per poi perdersi in variazini diatopiche, diastratiche, diacroniche, senza arrivare ai regionalismi...


Da traduttrice/adattatrice non sono assolutamente d'accordo, è fondamentale valutare il contesto di quello che si sta traducendo, non solo il significato letterale, mi chiedo: Sho con questa benedetta frase, ha lo stesso effetto sui giapponesi? Viene usato un termine così inusuale? I giapponesi al cinema si sono guardati perplessi? Perché questa è la reazione che ha avuto tutta la mia fila al cinema, e non mi sembra una cosa positiva. La cosa che mi hanno sempre insegnato i prof di traduzione (madrelinga inglesi) è che se traduci in modo letterale hai la parodia di una traduzione, devi usare il tuo cervello e la tua sensibilità per rendere nel miglior modo possibile. Vuoi l'assoluta fedeltà all'opera orginale? Non l'avrai mai, è impossibile, perché traducendo è già "altro", la responsabiltà del traduttore è grandissima, non puoi trincerarti dietro un "eh ma in originale dice così" okay, ma in italiano ha un effetto diverso, quindi? Cosa è più fedele, la traduzione letterale ma "che suona strana" (dai, oggettivamente, suona strana) o una traduzione che conserva il senso ma meno aulica? Io il tuo tipo di traduzione lo trovo più adatto per i sottotitoli, o per un testo scritto, ma in un parlato si notano troppo questi picchi dissonanti, stai ascoltando un ragazzino che parla in modo educato e forbito sì, ma fino a quel momento "verosimile", e improvvisamente spunta una frase che non lo è più, capisci quanto lo spettatore ne rimaga disorientato?

Shito ha scritto:
No. Devo adattarne il testo, la lingua, non l'intento.Dato che non posso fare processi alle intenzioni di un'altra persona. Io potrei 'intendere' l'intento dell'autore e un'altra persona potrebbe intenderlo in altro modo. Questa è interpretazione, e sta semmai a ciascuno, a ogni singolo spettatore, non a chi è -come me-è chiamato a rendere in una lingua il testo di un ALTRO autore.

Ma tu nel discorso sullo "scaturire" dici che Miyazaki ha utilizzato questo termine con uno scopo, quindi tu stai già interpretando le sue intenzioni, hai caricato di significato un termine ben preciso, quindi vedi che è impossibile non interpretare anche le intenzioni dell'autore? Il paradosso è che tu lo fai con l'intenzione di lasciare intatto il più possibile lo spirito originale mentre i tuoi adattamenti sono riconoscibilissimi, si sente subito la tua impronta.

Shito ha scritto:
Se per te "adattate" il testo altrui significa "modificarlo deliberatamente nel suo contenuto allo scopo di renderlo più comune, piacevole e usuale alle orecchie mie e presuntivamente del mio pubblico", allora credo che tu abbia una idea malsana dell'adattamento, che diviene della tua concezione una illecita 'reinvenzione' del testo altrui, lesiva dell'originalità di un opera che NON appartiene all'adattatore, ma all'autore.

Adattare è diverso da tradurre, capisco la difficoltà dell'accettare la cosa, anch'io voglio la fedeltà ma non l'esasperazione. Ed è quello che a me sembra di vedere in certe tue posizioni.

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MessaggioInviato: lun 24 ott 2011, 13:09 
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Iscritto il: gio 13 feb 2003, 10:26
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Haranban ha scritto:
Per il resto, bella questa discussione: qui si dovrebbe parlare di Arrietty, ma separare il thread spostando in uno nuovo i discorsi sugli adattamenti in generale è un macello (dovrei spezzare a metà dei singoli post, cosa non fattibile). Apro un nuovo post dove continuare la discussione sugli adattamenti, e lasciamo questo thread per i commenti sull'ultimo film dello Studio Ghibli.[/color]


Ottima idea, ma dove sarebbe questo nuovo topic?

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MessaggioInviato: lun 24 ott 2011, 13:58 
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Tarrasque ha scritto:
Haranban ha scritto:
Per il resto, bella questa discussione: qui si dovrebbe parlare di Arrietty, ma separare il thread spostando in uno nuovo i discorsi sugli adattamenti in generale è un macello (dovrei spezzare a metà dei singoli post, cosa non fattibile). Apro un nuovo post dove continuare la discussione sugli adattamenti, e lasciamo questo thread per i commenti sull'ultimo film dello Studio Ghibli.[/color]


Ottima idea, ma dove sarebbe questo nuovo topic?


Yuck hai ragione!
In realtà stavo iniziando a farlo, quando mi sono impantanato su molti messaggi che sarebbero da spostare nell'eventuale nuovo thread, ma che all'interno contengono riferimenti ad Arrietty.

Faccio che ne creo uno ex-novo, e dirotto da ora in poi le discussioni generali sull'adattamento lì.

Mentre qui continua la discussione specifica su Arrietty.

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MessaggioInviato: lun 24 ott 2011, 14:05 
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Tutte le discussioni sugli adattamenti in generale vanno fatte qui:

viewtopic.php?f=1&t=19211

Mentre in questo thread si continua la discussione su Arrietty.

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MessaggioInviato: lun 24 ott 2011, 14:52 
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Iscritto il: gio 1 ott 2009, 14:47
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Bene... bella ed illeggibile discussione.

Non finirò mai di ripetermi che post con più di 1000 parole sono di fatto illeggibili, a meno di non aver nulla di cui occuparsi nel frattempo.

Peccato era una bella discussione, ma la sintesi... eh no quella pecca!

Sorry.


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MessaggioInviato: lun 24 ott 2011, 15:14 
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Località: Zena, belandi !
Shito ha scritto:
Tornando alla questione dell'adattamento. Spesse volte ho letto critiche a me rivolte parlare di "eccessiva letteralità" di traduzione dal giapponese. Ora in primis mi chiedo se chi muove queste critiche conosca la lingua giapponese, perché senza conoscerla come si potrebbe esprime un giudizio simile? Poiché in molti casi si è riprovato che simili critiche vengono mosse proprio da chi la lingua giapponese la conosce poco o per nulla, le trovo un po' insensate.

Venendo a un caso particolare: "mi è scaturito il coraggio di vivere".

E' una frase su cui ho riflettutto davvero molto. In giapponese è 湧いてきた, ovvero "waitekita". E' una forma verbale del verbo "waku", che significa spuntare, sgorgare, scaturire, "comparire, venire fuori in modo prorompente e improvviso". Si usa anche per i sentimenti, ma più spesso per cose fisiche (l'acqua da una sorgente, le lacrime). La forma verbale utilizza come verbo fraseologico il verbo 'venire'. Se avessi tradotto letteralmente, avrei dovuto tradurre "mi è venuto/giunto a scaturire/sgorgare il coraggio di vivere". Ho scelto il verbo 'scaturire' perché rende l'idea dell'improvvo e abbondante prorompere, giudicando che altri verbi (come "sgorgare") erano troppo legati all'idea del liquido, di certo inusitata per un concetto immateriale come un sentimento.


Ciao innanzitutto. :)

senza intenti polemici, ma non sono molto d'accordo.
dato che non conosco la lingua giapponese non dovrei commentare quelle che sento come forzature nella mia lingua? come pensiero lo trovo un po' repressivo, per non dire altro...

posso capire la (tua) ricerca linguistica per rimanere (estremamente) fedeli all'intento dell'autore, ma alla fine il tutto dovrebbe risultare fluido e non forzato.
al posto di "scaturire" magari si poteva anche usare un "improvvisamente mi è rinata la voglia/il coraggio di vivere", forse più naturale per noi.

è anche vero che sicuramente un bambino -italiano- non si sarebbe neanche posto il problema, se meglio scaturire o altro sinonimo, e forse avrebbe anche imparato una parola in più (che ci sta sempre bene).


ma quel che ho trovato veramente artificioso è: "quel che gli umani faranno da qui innanzi, per sondarlo approfonditamente, non sarà troppo tardi!"
su questa frase c'è stato un "eh?" collettivo.
dato che la cosa è stata notata da molti, forse mi porrei qualche domanda a riguardo...
a meno che non si stata una precisa scelta stilistica di distacco forzato, à la Brecht.


è pur sempre un cartone per bambini, va bene non livellarsi ai bassi standard odierni ma neanche usare linguaggi troppo fintamente aulici, IMHO.

sarei curiosa di sapere queste due frasi come siano state tradotte/adattate nelle altre edizioni europee.
giusto per fare un confronto rimanendo in un ambito culturale simile.

un'altra curiosità.
nella canzone italiana come mai la scelta stilistica di mantenere le prime strofe in inglese prima e giapponese (?) dopo?

nelle altre edizioni europee (inglese, francese e tedesca) il testo mi pare sia "monolingua"

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Ultima modifica di MarMa il lun 24 ott 2011, 15:17, modificato 2 volte in totale.

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MessaggioInviato: lun 24 ott 2011, 15:14 
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Iscritto il: sab 2 dic 2006, 16:25
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Haranban ha scritto:
Tutte le discussioni sugli adattamenti in generale vanno fatte qui:

viewtopic.php?f=1&t=19211

Mentre in questo thread si continua la discussione su Arrietty.



ti conviene fare un "taglia-cuci-sposta"... :P

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MessaggioInviato: lun 24 ott 2011, 21:44 
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Shito ha scritto:
Non credo che "lupu ululì, castello ululà" sia un buona adattamento, dato che non rende il gioco di parole originale. In originale era "There wolves, there castle", giusto? Giocando con la quasi onomimia di "there wolves" (lì lupi) con e "werewolvers" (lupi mannari), giusto?

Credo che "lì-cantropi, là castello" sarebbe stato già meglio, per esempio. Almeno si sarebbe mantenuto un doppiosenso che nell'italianoè del tutto sparito.

Assumo che l'adattamento italiano ti sia *piaciuto*, ma non vi è nulla di obiettivo in ciò. Di obiettivo c'è che la battuta italiana è DIVERSA da quella originale: NON rende quello che era l'originale. E questo, no, non credo possa dirsi un bene.


Meno male che nessuno ci ha pensato a fare una cagata del genere :lol: ( non fa nemmeno ridere, tra l'altro...)

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MessaggioInviato: mar 25 ott 2011, 6:46 
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A me onestamente non sarebbe dispiaciuto e questo per me pone una pietra tombale sulla discussione.

L'adattamento, così come la correzione, il restauro, la riedizione sono opere di rimaneggiamento su di un contenuto artistico e per quanto nel corso della Storia dell'Arte si siano avuti vari approcci e filosofie a questi processi, la conclusione attuale è che sempre di Arte si tratta e quindi non vi è una sola ed unica regola... magari ci sono indicazioni che meglio si adeguano ad un periodo storico o ad un'opera... ma sempre di approccio soggettivo si tratta.

In conclusione ognuno di noi risponderà all'opera o ai rimaneggiamenti che l'opera ha subito in modo diverso e secondo il proprio gusto o i propri desideri-aspettative... solo l'autore originale potrebbe dire quanto il prodotto finale rimaneggiato o meno risponda a quelle che erano le sue intenzioni e qui... non abbiamo motivo di dubitarne.

Ergo traduzione letterale, adattamento, sottotitoli, italianizzazione... sono tutte sfumature che possono o meno rispondere a quanto ci piace, così di fatto come l'opera originale e quindi a meno di non usufruire del prodotto alla fonte in lingua originale possiamo solo limitarci a dire se quanto visto ci aggradi o meno... nel mio caso sì, ma aspetto di vedere il film in Giapponese per fare un raffronto assolutamente personale.

In sostanza? Ciance che cianciano in codeste righe.


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MessaggioInviato: mar 25 ott 2011, 9:49 
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Beh per me invece una pietra tombale sulla discussione lo mette il fatto che si dica presupponendo una certa superiorità "sarebbe stato già meglio", riferito ad una battuta che ha avuto tanto successo in italiano da essere il titolo di un libro intero che raccoglie citazioni celebri da film, quando l'alternativa tra l'altro neanche fa ridere.

Mi chiedo che male abbia mai fatto l'animazione giapponese per essere sempre trattata in modo indegno nei cinema italiani. Prima gli adattamenti approssimativi e superficiali anni '70. Adesso una penosa ricerca della traduzione letterale con risultati maldestri ed inascoltabili. Mah, ci sarà una sorta di maledizione.

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MessaggioInviato: mar 25 ott 2011, 10:08 
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La pietra tombale a cui mi riferivo è proprio il gusto soggettivo, a me piace ad altri no... ergo non c'è una via comune o più giusta.

Come si misura secondo parametri scientifici la correttezza di un adattamento? Quali le unità di misura, quale la scala? Quale le grandezze di riferimento o le incertezze?

Un adattamento è un adattamento, non è tautologia ma razionalità. Un adattamento è per definizione un'interpretazione che prevede la lettura attraverso un dato filtro e tramite una funzione di trasferimento ne produce un uscita... ecco che dunque il filtro e la funzione possono essere cambiati secondo i propri gusti, variando inevitabilmente l'uscita dell'operazione. Ma chi può dire in senso assoluto cosa sia meglio di altro?

Se un'interpretazione troppo creativa è un male ed una troppo filologica non ne è da meno... quale è il solco sottile da seguire? Non è che una volta individuato troviamo qualcun altro che ci verrà a dire che il suo solco, leggermente diverso, è migliore di quello scelto?

Io mi limito a dire, il film Arietty in Italiano mi è piaciuto o meno?
La risposta coinvolge l'operato del regista, degli attori, dei doppiatori, dei disegnatori, degli animatori, dei costumisti, degli sceneggiatori, degli scenografi, dei traduttori, degli adattatori. Se voglio eliminare il giudizio sugli ultimi debbo guardarmi il film in lingua originale, sperando di cogliere le sfumature perchè non è solo un problema di doppi sensi, ma di rendere certe espressioni... magari non traducibili perchè rappresentazioni di problemi o questioni culturali che un popolo non si è mai posto, come il nostro con le classi sociali ad esempio.

Se usciamo da questo recinto entriamo nel mondo o del

il film col suo adattamento non mi è piaciuto, certe terminologie non le ho trovate coerenti al film

o del

io avrei fatto così.

Entrambe posizioni soggettive, che in un popolo fazioso come il nostro si rifletterebbe in 60 milioni di diverse posizioni o letture. Ognuna probabilmente degna.

E allora che facciamo?
Ce lo teniamo così e diamo un giudizio complessivo!

Per la cronaca, spesso ascoltando in lingua originale anche io mi pongo il dubbio di come si potrebbero mai tradurre certe espressioni. Non dimenticando che spesso i Giapponesi giocano non solo con la fonetica delle parole, ma con il loro modo grafico di scriversi nei diversi alfabeti.


E porca trota ho superato le 1000 parole, mi fanc....zzo da solo! Scusate.


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MessaggioInviato: mar 25 ott 2011, 10:28 
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Neron ha scritto:
Come si misura secondo parametri scientifici la correttezza di un adattamento? Quali le unità di misura, quale la scala? Quale le grandezze di riferimento o le incertezze?


C'è una unica, sola, regola oggettiva nell'adattamento.

Il discorso nella lingua "oggetto" deve scorrere liscio, corretto e fluente come se fosse stato scritto in quella lingua.

Su tutto il resto si può discutere. Ogni adattamento per sua stessa natura è opinabile e diverse persone hanno diversi approcci.

Ma non esiste che ci siano frasi che non stanno in piedi o sembrano essere state scritte da uno straniero, tipo "quel che gli umani faranno da qui innanzi, per sondarlo approfonditamente, non sarà troppo tardi!"

Mi spiace non averli salvati, ma tempo fa avevo trovato degli articoli in rete davvero interessantissimi sul doppiaggio e l'adattamento, che riportavano interviste ed esperienze di addetti al settore dei "bei tempi".

Una cosa particolarmente interessante era si diceva che molto spesso l'adattatore NON SAPEVA NEMMENO LA LINGUA D'ORIGINE del film (si parlava dell'inglese ma il discorso è valido comunque). Quello è lavoro del traduttore. L'adattatore deve solo conoscere benissimo l'italiano, e soprattutto l'italiano "recitato".

La differenza insomma che passa tra uno laureato in lingua e uno scrittore, per capirci. Non basta essere un guru della grammatica e del vocabolario. Bisogna saper raccontare e recitare. Il copione tradotto dal traduttore passa all'adattatore, che deve saper rendere in dialogo quello che c'è sulla carta.

Nell'ambito specifico del cinema vuol dire tener conto anche dei labiali, delle lunghezze delle frasi, e di tutte quelle cose che possono derivare solo dalla visione attenta del film, di cui molte non sono evidenti a chi non è del settore.

E quando l'adattatore si trova di fronte ad una frase per cui il traduttore dice "questa è intraducibile in italiano", ha il dovere e la responsabilità di adattare. Il che a volte purtroppo consiste pure nell'inventare di sana pianta, mentre in altri casi vuol dire perdere una sfumatura. Il "lost in translation" è una cosa che ogni adattatore sa che prima o poi capiterà, e non ci si può sottrarre.

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MessaggioInviato: gio 27 ott 2011, 20:56 
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La presenza dell'adattatore che spiega qui le sue ragioni la vedo come un fatto molto positivo e che pone alcune domande.
Da quello che ho letto traspare che Shito fa del proprio lavoro una ricerca appassionata e attenta ma anche con le migliori intenzioni e conoscenze si possono prendere degli abbagli. Personalmente mi sono sempre goduto i film con i suoi adattamenti anche se in alcuni casi ho lamentato (e scritto qui) di alcune frasi che "suonavano" proprio male. Fra tutte mi ricordo in Totoro la nonnina che dice "Manovra la pompa" che se lo avessero detto a me avrei risposto "Assorata!!" (che non è giapponese) e che comunque si presta a bonarie battute da osteria.
Chiarito questo direi che la frase citata, quella con la sonda approfondita, è in effetti un errore, sottolineato dalle testimonianze di chi ha detto di non aver capito nulla quando è stata pronunciata al cinema e che in sala l'effetto è stato diffuso. Nell'ambito di una ricerca capita di incontrare problemi, anche difficili, come immagino sia stato questo passo, e di risolveri poi in modo brillante e soddisfacente, ma che poi testati si rivelano fallimentari generando solitamente delusione e rabbia. Ad ammettere di aver fatto una cappellata (mi si passi il gergalismo strettamente tecnico) non fa altro che bene e spesso aiuta a migliorare. Soprattutto quando l'errore è fatto in buona fede come questo e mosso dalle migliori intenzioni come ha detto Noctes e del cui parere mi fido.

Avrei altro da aggiungere ma sono dell'opionione di Neron, i grafomani si devono aprire un fottuto blog.

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MessaggioInviato: sab 29 ott 2011, 12:27 
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Io ho visto tutti i film dello studio ghibli al cinema, distrubuiti dalla lucky red, ho visto solo in vhs la principessa mononoke, mentre non ho visto neanche in dvd i film precedenti distribuiti dalla disney.

Io mi sento di dire che:
- qualitativamente, sono tutti bellissimi, chi più, chi meno ( ceto, le animazioni e i disegni di ponyo sono più ricchi/elaborati/fluidi del primissimo totoro )
- noto una certa ripetitività sia dei temi affrontati ( mentre nella vita di situazioni o di tematiche d affrontare ce ne sono a milioni ) che di come vengono affrontati gli stessi temi ( per esempio il rapporto dell'uomo con la natura )
- l'adattamento e la recitazione dei doppiatori ( io son convinto che le cose siano strettamente legate, ho visto recitare shakespeare in modo così sincero e appasionato, seppur fedelissimo alla traduzione a sua volta assai fedele, da avere un respiro "naturale" e non artificioso, per quanto sicuramente ricercato rispetto al pecoraccio con cui parliamo oggi quotidianamente ) tende ad essere lezioso, a volte più, a volte meno

Mi piacerebbe vedere un film ghibli:
- al massimo delle capacità di animazione
- che tratti temi mai affrontati prima dallo studio stesso
- che abbia comunque quel "quid" proprio solo del ghibli ( con lo stesso "sguardo sognante" di sempre )
- con un adattamento e una recitazione ( perchè non rispolverare i vecchi doppiatori che hanno dato lustro alle serie storiche in maniera eccelsa? ) che, seppur fedeli allo spirito originale, abbiano la capacità di far presa nel'immaginario collettivo, tanto da ricordarsene anche una volta allontanatosi dal cinema


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MessaggioInviato: mer 2 nov 2011, 23:38 
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Non so se può interessare a qualcuno ma l'anno scorso durante il festival del cinema di Roma, proprio in questo periodo, ho realizzato uno speciale in italiano sul film ARRIETTY con interventi di regista e produttore... ^_^
La cosa incredibile è che praticamente all'epoca non c'erano critici e giornalisti italiani interessati a scrivere/girare servizi video sul film perché ancora non si sapeva se sarebbe stato distribuito e nel caso quando, e infatti non c'è quasi niente di quel periodo, forse qualche recensione...semplicemente pazzesco...
Buona visione!!



Ovviamente se vi piace potete linkarlo anche in giro!!


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MessaggioInviato: mar 8 nov 2011, 22:16 
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Iscritto il: sab 28 gen 2006, 17:28
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Salve ragazzi come state è tanto che non scrivo, per quanto riguarda l'adattamento italiano la penso come Ency, ma Arietty vi è piaciuto?
Io l'ho visto l'anno scorso al festival del cinema di Roma è sono rimasto molto deluso, molto .
Non mi ha dato di nulla, ne di sale ne di pepe per intenderci anonimo.

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