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di Hermes Pittelli ©
Alla fine, vince sempre la Goldrake Generation.
Gli improbabili pasti a base di “libri di cibernetica e insalate di matematica” sono da tempo assurti non solo a fenomeno di costume di ritorno, ma a materia socio antropologica di valore accademico. Lo sdoganamento, orrida espressione di stampo modernista, è cominciato una quindicina di anni fa, lentamente, negli scantinati, quando i ‘reduci’ degli anni ’70 del 1900, novelli carbonari, si sono riuniti in nome del Principe di Fleed, al secolo Actarus.
Il là definitivo alla riscossa e alla vittoria dell’orgoglio nipponico represso è stato senza dubbio la pubblicazione nel 1999 della Bibbia degli Anime, Mazinga Nostalgia, di Marco Pellitteri.
Senza più sorrisetti di sarcasmo e compatimento, ora un’indagine seria, documentata, rigorosa rende giustizia all’ecosistema culturale, ai generi narrativi e ai valori che hanno generato e consolidato la mitologia dei ‘seguaci’ di Atlas Ufo Robot.
Non solo revival da inguaribili nostalgici. Da tempo la Mente di Tetsuya non è più una delle numerose cover band nate negli ultimi lustri, ma un autentico collettivo di artisti artigiani, capaci di allestire spettacoli di teatro canzone. Esagerazioni? Assistere per credere.
Il livello di bravura, professionalità e padronanza della scena è ormai assodato e fuori discussione. Ogni concerto non è mai identico al precedente. Alle spalle c’è una solida ricerca storiografica e filologica che percorre un decennio d’oro di storia della televisione italiana, quindi di storia della società italiana tout court.
Con passione certo, ma con onestà intellettuale. Questo progetto, Goldrake Generation Live, nato in collaborazione con la web radio RadioAnimati, altra benemerita realtà che coltiva il ‘culto’ per le sigle dell’era magica del piccolo schermo, non è un’iniziativa estemporanea, ma promette di crescere e migliorare e diventare un fondamentale presidio della Memoria. Grazie a iniziative di questo tipo, anche le nuove generazioni hanno scoperto serie animate nipponiche e relative sigle italiane, subito adottate per la validità narrativa, artistica e per la qualità dei Valori.
Il coraggio, la lealtà, l’onestà, l’amicizia, la creatività, il rispetto per la dignità umana, la difesa della pace e dell’ambiente, lungi dal rappresentare vocaboli obsoleti e demodé, sono pilastri spesso trasversali in quasi tutte le grandi saghe animate giunte in Italia dal “magico Paese del Sol Levante” tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli ’80 (del 1900, ndr).
Come dice Elettra Dafne Infante, autrice di un ottimo documentario sulla storia degli Anime giapponesi in Italia (Vita da Cartoni, Ed. Tunué):
“Non si trattava solo di disegni animati, sono stati uno strumento di educazione sentimentale per un’intera generazione”.
Anche di più, a giudicare dagli identikit anagrafici dei fan.
I MAESTRI DELLE SIGLE
Valore aggiunto incomparabile della serata, la presenza dei mostri sacri Vince Tempera e Luigi Albertelli. Entusiasti e tirati a lucido come non mai, compiaciuti al cospetto di almeno un migliaio di scatenati appassionati, tra antichi fan e nuovi adepti. Non si sono risparmiati, raccontando aneddoti gustosi. “Noi lavoravamo per la Fonit Cetra, la casa musicale della Rai, ma in piena autonomia. Tanto, per loro erano solo musichette per i bambini. Quando i nostri dischi hanno cominciato a raggiungere le vette delle classifiche superando spesso il milione di copie (con relativi dischi d’oro vero, non come quelli di adesso!) qualche dirigente ci pregò di scrivere brani di minor successo, perché trattandosi di azienda statale non avrebbe ricevuto fondi in caso di bilancio in attivo…”.
Vince Tempera, sorride, arguto e beffardo.
Un esempio della lungimiranza e della competenza dei funzionari Rai e della politica italica, in ogni epoca.
I ‘bambini’ degli anni ’70 rammentano ancora le furibonde quanto sciocche polemiche scatenate da psicologi, sociologi e politicanti in cerca di visibilità, ma soprattutto ottusi nella mancanza di comprensione dei messaggi attraverso un linguaggio all’epoca sconosciuto alle nostre latitudini.
Ci furono addirittura interrogazioni parlamentari per vietare la messa in onda di cartoni animati forieri e untori del seme della violenza presso le indifese schiere di infanti del Belpaese! Al rogo, al rogo!
Tornando ad argomenti seri, Albertelli rievoca gli esaltanti e avventurosi momenti creativi: “Venivamo convocati, ci facevano assistere ad uno spezzone non tradotto di 3 minuti, ci fornivano una sinossi stringata della storia e su queste basi dovevamo inventarci le sigle. La nostra ‘bravura’ è stata forse aver trattato questi brani come musica e non come canzoncine per l’infanzia. Tanto è vero che con noi collaboravano musicisti di alto livello, come il giovane Fabio Concato o il grande bassista degli Area, Ares Tavolazzi; il cui contributo di abilità e spiazzante innovazione si nota soprattutto nel lato B della prima sigla di Atlas Ufo Robot, Shooting Star; unico brano con il testo scritto in inglese, ma ancora amatissimo”.
IL CONCERTO
Si comincia viaggiando a ritroso negli anni con una Macchina del Tempo sotto forma di mega schermo: dai giorni nostri, caratterizzati dall’invadente presenza dei social network e dei video targati youtube, passando dal bluff del Grande Fratello (2000), alla comparsa della Playstation (1996), l’Attimo fuggente del 1989, Ritorno al Futuro, quasi un presagio, del 1985, Bim Bum Bam del 1984, il Commodore 64 primo pc di massa del 1983, ET e gli Azzurri di Bearzot del 1982, Indiana Jones del 1981, I Blues Brothers del 1980, via così fino alla fatidica data del 4 aprile 1978, quando dagli schermi di Rai2, Maria Giovanna Elmi annunciò, precisa ma laconica: “Signore e Signori, tra poco andrà in onda … Atlas Ufo Robot”. E la nostra vita cambiò per sempre. Il palco si illumina e la Mente di Tetsuya esegue alla perfezione Atlas Ufo Robot, sfruttando l’energia e la vitalità di Vince Tempera alla pianola.
Sotto il palco, come in un Sabba degli Anime, il Popolo di Goldrake balla e canta, ebbro di gioia.
Remì, Huck&Jim, La Principessa Zaffiro, Anna dai Capelli Rossi, Tekkaman, Furia cavallo del West, Nano nano sigla di Mork & Mindy con il saluto galattico, Daitarn III, Capitan Futuro, Capitan Harlock rivivono come non fossero trascorsi i decenni, come non fossero mai andati via dagli schermi e dalle menti, grazie all'alchimia tra gli Artisti sul palco (con menzione speciale per i cantanti Luisa Pasinetti e Riccardo Longo e per il coro esordiente degli Arcadia Singers) e le sequenze dei disegni animati sullo schermo. Peccato che in questo frangente manchi il Makara, il fantasista, il trasformista, lo show man del gruppo, abile nell’improvvisare spettacolo nello spettacolo. Da brividi l’esecuzione del lato b del 45 giri di Capitan Harlock: I Corsari delle Stelle, con il pensiero che corre ad Alberto Zanon, voce storica della Mente, volato via troppo presto.
Lacrime di commozione.
Non è tempo di rimpianti, ma di veri eroi. Stupisce e arricchisce l’evento Silvio Pozzoli, corista di molte sigle dell’epoca ruggente e corista per cantanti famosi negli anni ’80, oltre ad essere interprete ed autore di noti jingle pubblicitari.
Il concerto finisce ancora una volta sulle note immortali di Atlas Ufo Robot. Una mezza Luna rosso luciferina si staglia bassa e imponente sulla Laguna e sulle silhouette di palazzi, ponti e cattedrali di Venezia.
Gli ex bambini degli Anni ’70 sospirano: “Domani Vega attaccherà…”.
Ma alla fine vincerà sempre Lui, Goldrake: perché i Sogni e la Fantasia trasformano in Realtà la memoria e le speranze più segrete del cuore.
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