Salve a tutti,
mi sono registrato a questo forum per dare risposta a talune delle osservazioni che ho visto riportate in questo thread, nel cui contraddittorio ho letto opinioni interessanti, altre ahimé purtroppo assai infondate, nel verso senso della parola.
Per esempio, mi chiedo come mei si dica che il testo della canzone finale del film sia "metà in inglese e metà in italiano", quando in inglese è solo la *prima* frase, e quindi *una* singola parola. Chiaramente, da un punto di vista obiettivo, la canzone, NON è "metà in inglese e metà in italiano". Come si può sostenere questo? E' il falso. Obiettivo. Facilmente verificabile. Credo che basare un'invettiva sul falso sia disonesto, oltre che realmente ignorante.
A proposito della sigla, volevo anche comunicarvi -vista l'estrazione originale di questo forum- che lo Studio Ghibli ha pubblicato ufficialmente la versione italiana sull'iTunes store. La canzone in italiano è di proprietà dello Studio Ghibli. Né Lucky Red, né il sottoscritto, riceverà mai alcun provento dalla vendita della canzone, e con gioia ho firmato il mio documento di rinunzia al diritto commerciale d'autore per quanto riguarda il testo. Quindi, non c'è alcun interesse pubblicitario in queste poche righe, è solo informazione.
Tornando alla questione dell'adattamento. Spesse volte ho letto critiche a me rivolte parlare di "eccessiva letteralità" di traduzione dal giapponese. Ora in primis mi chiedo se chi muove queste critiche conosca la lingua giapponese, perché senza conoscerla come si potrebbe esprime un giudizio simile? Poiché in molti casi si è riprovato che simili critiche vengono mosse proprio da chi la lingua giapponese la conosce poco o per nulla, le trovo un po' insensate.
Venendo a un caso particolare: "mi è scaturito il coraggio di vivere".
E' una frase su cui ho riflettutto davvero molto. In giapponese è 湧いてきた, ovvero "waitekita". E' una forma verbale del verbo "waku", che significa spuntare, sgorgare, scaturire, "comparire, venire fuori in modo prorompente e improvviso". Si usa anche per i sentimenti, ma più spesso per cose fisiche (l'acqua da una sorgente, le lacrime). La forma verbale utilizza come verbo fraseologico il verbo 'venire'. Se avessi tradotto letteralmente, avrei dovuto tradurre "mi è venuto/giunto a scaturire/sgorgare il coraggio di vivere". Ho scelto il verbo 'scaturire' perché rende l'idea dell'improvvo e abbondante prorompere, giudicando che altri verbi (come "sgorgare") erano troppo legati all'idea del liquido, di certo inusitata per un concetto immateriale come un sentimento.
Ciò che voglio enfatizzare è che la libertà dell'adattamento è sancita dai limiti della correttezza di traduzione. L'adattamento non deve inventare nulla. Se l'autore originale ha usato questo verbo, con questo significato, ha usato questo verbo. E' per questo assai parossisitico che mi si critichi come "impreziositore" dei dialoghi originali: al contrario, io evito di impreziosirli così come evito di semplificarli. Paradossalmente, mi si critica di fare qualcosa (modificare impreziosendo) che poi mi si critica di non fare (semplificare, che è sempre modificare).
Non è mio diritto sostituire un tal verbo, un tal significato, con un altro verbo con un altro significato. Perché non sono l'autore di questo film. Ovviamente, anche in giapponese si sono molti modi per dire le stesse cose. Ma io non posso fare processi alle intenzioni di un autore: se questo verbo, questo significato sono stati scelti, io ne devo prendere atto e rendere questo verbo.
Forse l'autore voleva dire che Shou, che sino a prima non dava alcun valore alla sua propria sopravvivenza (si veda la leggerezza con cui precedentemente parla dell'intervento che subirà), poi con Arrietty ha d'improvviso, prorompentemente sentito sgorgare dentro di sé il coraggio di vivere, che prima non sentiva in sé. Questo è quello che l'autore ha espresso, con quel verbo, e io a questo mi devo attenere.
Non si può cambiare deliberatamente il contenuto dell'opera altrui per renderlo più semplice, più 'usuale' a un pubblico straniero. Bisogna rispettare l'identità di un'opera straniera, e se ci si pone a fruirla, tenerne conto. Un'opera giapponese, pur tradotta in italiano, resta un'opera giapponese. E' naturale e giusto che certe cose risultino 'un po' strane' a chi giapponese non è, perché la traduzione traduce la lingua in cui è espresso un contenuto, non la matrice di un contenuto.
Arrietty e Shou non potrebbero parlare come due 'normali ragazzini italiani', perché non lo sono. Sono due ragazzini giapponesi che "lo specchio magico" di un doppiaggio tradotto fanno fittiziamente parlare IN lingua italiana, ma dentro la loro realtà, all'interno del piano narrativo, parlano in giapponese.
Un'altra critica che mi viene mossa è quella di aver 'cambiato' il 'livello' del dialogo originale. Anche in questo caso, mi chiedo quanto giapponese conosca chi muove queste critiche. In originale, Shou parla come un ragazzino molto, molto educato. Non parla come il primo ragazzino giapponese che esce da scuola. E' un dodicenne (nota: il personaggio ha DODICI anni, e viene nel giapponese ritratto come più adulto, per espressa intenzione degli autori) che legge *la divina commedia* in italiano. Fateci caso: è il libro che legge a letto, e il titolo si legge. Credete che sia una cosa che un dodicenne giapponese fa normalmente?
Nelle critiche che mi vengono mosse, leggo molta presunzione e nessuna fiducia. La presunzione di sapere la lingua, di sapere la norma di quella lingua, di sapere l'intenzione dell'autore. E di sapere meglio di chi, in questo caso io, ha parlato direttamente con gli autori, ha discusso molte scelte, ha lavorato a fianco di una traduttrice bimadrelinqua, ha indagato per giorni e giorni anche le singole parole.
Con questo non intendo dire che, anche volendo essere ligi a un testo originale come io intendo essere, non esista una gamma, non si compiano certe scelte, non ci sia niente da discutere. Mi rattrista però vedere come il tentativo di discussione sia più spesso mosso da posizioni non ragionevoli, pretestuose, e fondate sul nulla.
In esempio, ecco osservazioni anche critiche espresse in maniera sensata e civile, a cui credo di avere dato onesta, sensata e civile risposta:
http://www.studioghibli.org/forum/viewt ... 150#p69508In ultimo, sempre per citare la pretestuosità di certe illazioni del tutto campate per aria:
Il film è scritto da Miyazaki Hayao nel senso che lui (insieme a Niwa Keiko) ha scritto la sceneggiatura (in giapponese: kyakuhon), ovvero il testo sul quale è creato il film. Non ha scritto il soggetto originale, che è correttamente tributato a Mary Norton. Un film "tratto da un libro" non si sviluppa *direttamente* dal libro, ma su un testo che si chiama appunto "sceneggiatura". Il film è nato da una *idea* di Miyazaki Hayao nel senso che il progetto del film, ovvero l'idea di trarre un film animato dal libro di Mary Norton, è di Miyazaki Hayao, che quarantanni fa scrisse appunto questo "progetto". Tutto qui, e anche questa mi pare che sia stata la fucina delle invettive pretestuose.
Sperando di avere chiarito almeno qualche dubbio a beneficio di chi ha l'onestà per intendere, piuttosto che divertirsi in maniera puerile a dileggiare colui con chi non si ha il coraggio di intavolare un dialogo civile e motivato,
-Gualtiero