Stavo facendo un po' di pulizia tra i file del mio computer e mi sono imbattuto in un documento che avevo mandato a un'amica. Si tratta della trascrizione su formato elettronico di un racconto di S.Benni, "La storia di Pronto Soccorso e Beauty Case", tratto da "Il bar sotto il mare".
se qualcuno se lo sta chiedendo, no, non sono Benni e non mi sto facendo pubblicità!
Vi riporto qui sotto la prima parte, domani vi scrivo la seconda
spero di non contravvenire troppo alle regole del forum, visto che il racconto non ha nulla a che spartire coi cartoni, e che non mi cancelliate il post per questo
eccolo:
Il nostro quartiere era proprio dietro la stazione. Un giorno un treno ci porterà via, oppure saremo noi a portar via un treno. Perché il nostro quartiere si chiama Manolenza, entri che ce l’hai ed esci senza. Senza cosa? Senza autoradio, senza portafogli, senza dentiera, senza orecchini, senza gomme dell’auto. Anche le gomme da masticare ti portano via se non stai attento: ci sono dei bambini che lavorano in coppia, uno ti da un calcio nelle palle, tu sputi la gomma e l’altro la prende al volo. Questo per dare un’idea.
In questo quartiere sono nati Pronto Soccorso e Beauty Case. Pronto Soccorso è un bel tipetto di sedici anni. Il babbo fa l’estetista di pneumatici, cioè ruba gomme nuove e le rivende al posto delle vecchie. La mamma ha una latteria, la latteria più piccola del mondo. Praticamente un frigo. Pronto è stato concepito lì dentro, a dieci gradi sotto zero. Quando è nato invece che nella culla l’hanno messo in forno a sgelare.
Fin da piccolo Pronto Soccorso aveva la passione dei motori. Quando il padre lo portava con sé al lavoro, cioè a rubare le gomme, lo posteggiava dentro il cofano della macchina. Così Pronto passò gran parte della giovinezza sdraiato in mezzo ai pistoni, e la meccanica non ebbe più segreti per lui. A sei anni si costruì da solo un triciclo azionato da un frullatore. Faceva venti chilometri con un litro di frappè: dovette smontarlo quando la mamma si accorse che le fregava il latte.
Allora rubò la prima moto: una Guzzi Imperial Black Mammuth 6700. Per arrivare ai pedali guidava aggrappato al serbatoio, come un koala alla madre: e la Guzzi sembrava il vascello fantasma, perché non si vedeva chi era alla guida.
Subito dopo Pronto costruì la prima moto truccata, la Lambroturbo. Era una comune lambretta, ma con alcune modifiche faceva i duecentosettanta. Fu allora che lo chiamammo Pronto Soccorso. In un anno si imbussò col motorino duecentoquindici volte, sempre in modi diversi. Andava su una ruota sola e la forava, sbandava in curva, in rettilineo, sulla ghiaia e sul bagnato, cadeva da fermo, perforava i funerali, volava giù dai ponti, segava gli alberi. Ormai in ospedale i medici erano così abituati a vederlo che se mancava di presentarsi una settimana telefonavano a casa per avere notizie.
Ma Pronto era come un gatto: cadeva, rimbalzava e proseguiva. A volte dopo esser caduto continuava a strisciare per chilometri: era una sua particolarità. Lo vedevamo arrivare rotolando dal fondo della strada fino ai tavolini del bar.
“Sono caduto a Forlì“ spiegava.
“Beh, l’importante è arrivare“ dicevo io.
Beauty Case aveva quindici anni ed era figlia di una sarta e di un ladro di Tir. Il babbo era in galera perché aveva rubato un camion di maiali e lo avevano preso mentre cercava di venderli casa per casa. Beauty Case lavorava come aspirante parrucchiera ed era un tesoro di ragazza. Si chiamava così perché era piccola piccola, ma non le mancava niente. Era tutte curvettine deliziose e non c’era uno nel quartiere che non avesse provato a tampinarla, ma lei era così piccola che riusciva sempre a sgusciar via.
Era una sera di prima estate, quando dopo un lungo letargo gli alluci vedono finalmente la luce fuori dai sandali. Pronto Soccorso gironzolava tutto pieno di cerotti e croste sulla Lambroturbo e un chilometro più in là la Beauty mangiava un gelato su una panchina.
Aggiungo tre particolari:
Uno: in estate Beauty portava delle minigonne che la mamma le faceva con le vecchie cravatte del babbo. Con una cravatta gliene faceva tre.
Due: quando Beauty si sedeva, accavallava le gambe come neanche la più topa delle top model, le accavallava che una faceva le carezze all’altra, e aveva delle bellissime gambe con la caviglia snella e scarpini rossi con un tacco che ti si infilzava dritto nel cuore.
Tre: quando Beauty leccava un gelato, tutto il quartiere si fermava. Avete presente il film quando Biancaneve canta nella foresta, e si ritrova intorno tutti i coniglietti e i daini e le tortore e i pappataci che cantano con lei? Bene, la scena era uguale, con Beauty al centro che leccava il suo misto da mille e tutto intorno ragazzini, ragazzacci e vecchioni che muovevano la lingua e tempo, perché venivano tutti i pensieri del mondo, dai quasi casti ai quasi reato.
Allora, dicevamo che era una sera di prima estate e gli uccellini stavano sugli alberi senza cinguettare perché col casino che faceva la moto di Pronto era fatica sprecata. Si udì da lontano la famosa accelerata in quattro tempi andante mosso allegretto scarburato e poi Pronto arrivò nel vialetto dei giardini guidando senza mani e con un piede che strisciava per terra, se no non era abbastanza pericoloso. Vide Beauty e cacciò un’inchiodata storica. L’inchiodata per la verità non ci fu perché, per motivi di principio, Pronto non frenava mai. La prima cosa che faceva quando truccava un motorino era togliere i freni. “Così non mi viene la tentazione” diceva.
Quindi Pronto andò dritto e finì sullo scivolo dei bambini, volò verso l’alto, rimbalzò sul telone del bar, finì al primo piano di un appartamento, sgasò nel tinello, investì un frigorifero, uscì nel terrazzo, piombò giù in strada, carambolò contro un bidone della spazzatura, sfondò la portiera di una macchina, uscì dall’altra e si fermò contro un platano.
“Ti sei fatto male?” disse Beauty.
“No” disse Pronto “tutto calcolato”.
Beauty fece “ah” con la lingua mirtillata in bella vista. Restarono alcuni istanti a guardarsi, poi Pronto disse:
“Bella la tua minigonna a pallini”.
E Beauty disse:
“Belli i tuoi pantaloni di pelle”.
Quali pantaloni? Stava per chiedere Pronto. Poi si guardò le gambe: erano talmente piene di crostoni, cicatrici e grattuggiate sull’asfalto che sembrava avesse le braghe di pelle. Invece aveva le braghe corte.
“Sono un modello Strade di Fuoco” disse “Vuoi fare un giro in moto?”
Beauty ingoiò il gelato in un colpo solo, che era il suo modo per dire sì. Mentre saliva sulla moto, roteò la gamba interrompendo la pace dei sensi di diversi vecchietti. Poi si strinse forte al petto di Pronto e disse:
“Ma tu la sai guidare la moto?”
A quelle parole Pronto fece un sorriso a entrare nella storia, sgasò una nube di benzoleone e partì zigzagando contromano. Chi lo vide, quel giorno, dice che faceva almeno i duecentottanta. La forza dell’amore! Si sentiva il rumore di quel tornado che passava, e non si vedeva che un lampo di stella filante. Pronto curvava così piegato che invece dei moscerini in faccia doveva stare attento ai lombrichi. E Beauty non aveva neanche un po’ di paura, anzi strillava di gioia. Fu allora che lui capì che era la donna della sua vita.
Quando Pronto arrivò a casa di Beauty, impennò la moto e Beauty volò attraverso la finestra, precisa sulla poltrona del salotto. La mamma se la vide davanti e disse:
“Dov’eri che non ti ho neanche sentita rientrare?”
In quello stesso momento si udì il rumore di Pronto che si fermava contro la saracinesca di un garage. Si tirò su: la moto aveva perso una moto e il serbatoio. Roba da ridere: si riempì la bocca di benzina e tornò a casa su una ruota sola sputando un sorso alla volta nel carburatore.
Si stese sul letto e dichiarò a quattro scarafaggi.
“Sono innamorato”.
“E di chi?” chiesero quelli.
“Di Beauty Case”.
“Bella gnocca” dissero in coro gli scarafaggi, che dalle nostre parti parlano piuttosto colorito.
La sera dopo Pronto e Beauty uscirono di nuovo insieme. Dopo trenta minuti Pronto chiese se poteva baciarla. Beauty ingoiò il gelato.
Iniziarono a baciarsi alle nove e un quarto e stando ad alcuni testimoni il primo a respirare fu Pronto alle due di notte.
“Baci bene, dove hai impa…” voleva dire, ma Beauty gli si era incollata di nuovo e finirono alle sei di mattina.
Quando tornarono a casa e la mamma chiese “Cos’hai fatto con quel ragazzo del motorino?” Beauty disse “Niente mamma, solo due baci.” Non mentiva la ragazza.
Così l’amore tra i due illuminò tutto il quartiere, e ci sentivamo così felici che quasi non rubavamo più.
continua...